Roma - Claudio Fragasso ci riprova, undici anni dopo "Milano Palermo solo andata".
Stesso cast, stesso ritmo forsennato, stesso disinteresse per la realtà storica (la mafia è solo una "scusa" per un road movie). E stesso finanziamento ministeriale, perchè il suo film, "Milano Palermo - il ritorno", nelle sale dal 23 novembre, è di "interesse culturale nazionale".
La storia riparte dov'era finita quella di undici anni fa: il "ragioniere della mafia" Giancarlo Giannini, pentito che ha fatto arrestare tanti mafiosi, deve tornare in libert àcon una nuova identità e tanti soldi rubati al boss Scalia da godersi in qualche isola deserta. Il trasferimento del ragioniere viene fatto ancora dal superpoliziotto Raoul Bova e dal fido compagno Ricky Memphis. A loro si aggiungono nuovi colleghi (Simone Corrente, Gabriella Pesson e Libero De Rienzo) che dovranno affrontare il cattivissimo boss Scalia (Enrico Lo Verso) che rapisce il nipote del ragioniere, uno dei due figli della figlia Romina Mondello (il bravissimo Emanuele De Simone). Tra sparatorie mozzafiato, giudici corrotti, poliziotti eroici e moralmente integerrimi, mafiosi improbabili e bambini che dicono "no" a Cosa Nostra, alla fine i buoni trionfano e tutto lascia prevedere un terzo episodio di "Milano Palermo" (volonta' dichiarata dallo stesso regista e dalla sceneggiatrice Rossella Drudi, a meno che il pubblico non decida altrimenti). A differenza del primo film, vincitore di 2 David di Donatello, stavolta il fatto che i cattivi siano mafiosi è solo un particolare. "E' un fumettone - spiega con onestà e competenza Enrico Lo Verso durante l'affollata conferenza stampa romana -. Come i fumetti, crea emozioni. Non è un film di mafia ma un western, è il nostro western, che ti piace perchè è puro intrattenimento. E un film che ti prende e che non vorresti finisca mai, come accade con i fumetti". Le parole di Lo Verso trovano riscontro anche nelle dichiarazioni iniziali di Fragasso che parla (e ormai sembra sia diventata una moda) di "ritorno al film di genere: fino alla fine degli anni '80 eravamo i primi al mondo a fare questi film, poi abbiamo smesso. Io voglio fare solo un film di genere puro, che emozioni e che sia anche esportabile all'estero". "Io non faccio documentari - aggiunge Fragasso - e non mi interessa il fatto di essere credibile. Nessuno lo chiede agli americani e non vedo perché debba farlo io. Voglio esagerare ed emozionare. Dobbiamo abbandonare la scuola di pensiero legata al Neorealismo: quel legame con la realtà era valido negli anni '40 e '50, ora dobbiamo staccarci da 'Roma citta' aperta'". "Milano Palermo - il ritorno" come film di genere di puro intrattenimento, dunque. Ma anche stavolta, come 11 anni fa, la "scusa" per girare il film e' troppo "pesante" e Fragasso non può esimersi dal rispondere a domande sulla mafia, dimostrando che quando si trattano certi argomenti il "puro intrattenimento" è solo un'utopia. (AGI)
