In senso letterale, “Spanglish” è una combinazione di spagnolo e inglese, un dialetto parlato da circa 40 milioni di “Latinos” che vivono negli Stati Uniti. James L. Brooks ha intitolato così la sua ultima commedia pensando ai possibili sviluppi della convivenza di due culture tanto disparate. Secondo lo stesso Brooks, “Ci sono moltissimi aspetti terribilmente diversi tra queste due culture e il film cerca di descriverne sia i possibili punti di contatto, sia gli argomenti e i valori sui quali non si incontreranno mai. Uno degli elementi sui quali è possibile stabilire un accordo – e su cui i personaggi di Flor e John trovano un terreno comune – è nell’approccio al ruolo di genitori: entrambi sono assolutamente convinti che i figli siano la cosa più importante della loro vita”.
Quando in famiglia sono in troppi a parlare
In Spanglish, la nuova, arguta commedia dello sceneggiatore, regista e produttore James L. Brooks (‘Qualcosa è cambiato’, ‘Voglia di tenerezza’), un’avvenente ragazza messicana che risponde al nome di Flor (Paz Vega) accetta il posto di governante in casa di una famiglia benestante, benché piena di problemi: i Clasky (con Adam Sandler e Téa Leoni nei panni di mamma e papà). Ne scaturisce un incontro/scontro tra culture e valori diversi osservato con sguardo sensibile e intelligente ed una riflessione sorprendentemente sincera sul matrimonio, sui figli e sull’importanza della famiglia.
Alla ricerca di Flor e Cristina
Spanglish ha inizio in un quartiere alla periferia di Città del Messico. Qui vediamo Flor che esce correndo mentre l’autobus della scuola si ferma davanti alla sua casa modesta. Cristina, un’adorabile ragazzina di sei anni, afferra il suo libro d’inglese e corre verso la madre. Il loro reciproco affetto è evidente fin da questo primo abbraccio. Sentiamo poi la voce fuori campo di Cristina che, ormai diventata una giovane donna, presenta una richiesta di ammissione all’Università di Princeton.
La storia prosegue con il viaggio di Flor e Cristina dal Messico fino agli Stati Uniti. Tutta questa prima parte è una sorta di prologo, come osserva lo stesso Brooks. “Comincio con quelle che potrebbero essere le dieci pagine di una storia dimenticata in un cassetto per tanto tanto tempo”, dice il regista. Tuttavia, gli aspetti salienti della storia sono già presenti in questa prima parte che anticipa il tema di quanto un genitore sia disposto a fare pur di proteggere l’integrità morale dei propri figli.
Il rapporto speciale che lega genitori e figli è stato il tema di molti altri film di Brooks, tra cui ‘Voglia di tenerezza’, ‘Una figlia in carriera’ e ‘Qualcosa è cambiato’. In Spanglish a questo si aggiunge l’elemento dell’integrazione culturale. Come osserva Ansell, “Flor si sforza di crescere sua figlia nel rispetto di determinate regole morali. Quando arriva in America, e specialmente quando va a vivere dai Clasky, un’altra cultura e altri princìpi sembrano mettere in pericolo la stabilità di queste ‘regole’. Flor teme che sua figlia possa essere attratta da un insieme di valori completamente diverso, valori in cui lei stessa non crede e per i quali non nutre molta considerazione”.
In fase di scrittura Brooks è abituato a dedicare molto tempo alla ricerca, sempre con l’obiettivo di delineare i personaggi in modo autentico e credibile. Nel caso di Spanglish questo metodo si è rivelato quanto mai necessario, visto che l’autore non poteva rifarsi alla sua esperienza personale per descrivere Flor. “Credo che in ogni film ci sia sempre una parte del pubblico che come autore devi tenere presente, ed è la gente che stai descrivendo, che certamente capirà se quella storia ti ha appassionato o meno. In questo caso, posso dire che se la comunità ispanica trovasse completamente sbagliati i ritratti proposti nel film, ne sarei distrutto” confessa Brooks.
“Voleva sapere anzitutto a che cosa si interessano le nostre donne e contro che cosa devono lottare”, spiega Haubegger. “Si pensa sempre ai ‘Latinos’ in termini di immigrati, anche se lo spagnolo è stata la prima lingua europea parlata in Nord America e la metà del totale della popolazione sia nata qui. Malgrado ciò, non necessariamente ci assimiliamo alla nuova cultura così come hanno fatto altri gruppi di immigrati. Più che di assimilazione, nel nostro caso si dovrebbe parlare di acculturamento, il ché significa che facciamo nostri alcuni elementi della nuova cultura, continuando però a rimanere saldamente ancorati alla nostra identità. La sfida che un ‘Latino’ affronta giornalmente, quindi, è proprio quella di riuscire a barcamenarsi tra due mondi e due lingue così diversi ed è questo che Jim voleva capire nel dettaglio”.
Haubegger ha organizzato diversi incontri tra Brooks e gruppi di giovani donne di lingua spagnola ed emigrati ispanici, e anche con bambini che sono stati allevati da madri di lingua spagnola. “Ho trascorso più di un anno cercando di fissare nella mente questi personaggi e le loro voci”, dice Brooks. “Volevo assolutamente evitare di dare un’immagine semplicistica della cultura ispanica o comunicarne un’idea banalmente romantica e per questo mi sono circondato quanto più possibile di persone appartenenti a quel mondo”.
Uno dei temi centrali in questa specie di sedute di gruppo era la riluttanza di alcune ad imparare l’inglese per timore di apparire ridicole, in particolare agli occhi dei figli. Osserva Haubegger: “Puoi essere una persona dalla straordinaria abilità linguistica nella tua lingua e poi sentirti improvvisamente quasi un balbuziente parlandone un’altra . Può essere avvilente”.
Oltre a ciò, parlare inglese non è sempre necessario a Los Angeles, dove molte di queste donne si sono perfettamente ambientate in comunità in cui l’unica lingua di comunicazione è lo spagnolo. “La possibilità di vivere e lavorare a L.A. e in molte altre zone degli Stati Uniti continuando a parlare solo spagnolo è di per sé testimonianza da un lato della coesistenza di culture diverse all’interno del paese, dall’altro dell’isolamento e dello stato di relativa segregazione in cui vive molta gente”, continua Haubegger.
A livello personale, poi, dover fare affidamento sul proprio figlio perché faccia da interprete, influisce in qualche modo anche nel rapporto genitori-figli. “È un’inversione della normale dinamica della relazione, che genera una certa confusione di identità sia nel ragazzo che nell’adulto”, osserva Brooks. Proprio pensando a questo, nel film c’è una scena in cui Cristina fa da interprete nel corso di una conversazione piuttosto accesa tra la madre e John Clasky. “In un certo senso è tutto sbagliato”, dichiara Ansell. “Cristina deve tradurre per sua madre pensieri e sentimenti che fanno parte della sfera degli adulti pur essendo solo una ragazzina”.
Molti degli attori che hanno preso parte ai film di Brooks hanno vinto un Oscar o quanto meno ottenuto una candidatura alla prestigiosa statuetta (Jack Nicholson, ad esempio, ha vinto due Oscar con due dei suoi film: ‘Qualcosa è cambiato’ e ‘Voglia di tenerezza’). Non sorprende quindi che gli attori chiamati a far parte del cast di Spanglish sono in troppi a parlare abbiano colto al volo l’opportunità di lavorare col regista, pur sapendo che il metodo di lavoro di Brooks può essere estenuante.
il filmè è stato girato interamente a Los Angeles, tra Beverly Hills, Bel Air, Malibu e lo Studio 27 della Sony Pictures a Culver City.