Trama
Nel 2029 le azioni di ricognizione interstellare sono affidate a piloti scimpanzé che provengono dalla lontanissima stazione spaziale OBERON. Durante una di queste missioni una scimmia perde il contatto radio, scomparendo anche dal radar. Il coraggioso astronauta Leo Davidson (Mark Wahlberg) si lancia in una operazione di salvataggio ma, a seguito di un guasto, la sua navicella si schianta su un pianeta sconosciuto, ma molto simile alla Terra. Con grande stupore, Leo scopre che il pianeta è dominato da scimmie parlanti che hanno ridotto in schiavitù il genere umano. Viene a sua volta catturato, ma riesce a fuggire grazie all’aiuto di Ari (Helena Bonham Carter), un’aristocratica scimmia figlia di un potente senatore, trascinandosi dietro anche il resto degli umani e alcuni primati. Solo il contatto con OBERON può mettere tutti in salvo, ma una scoperta sconvolgente obbliga Leo a cambiare i suoi piani. I fuggiaschi tenteranno la ribellione contro l’esercito delle scimmie, confidando nella loro superiorità schiacciante. Il risultato finale non potrà che essere la libertà o la distruzione totale.
Commento
Tra i molti film di Tim Burton, questo remake de "Il pianeta delle scimmie" (datato 1968) è quasi unanimemente considerato (a mio parere, a ragione) uno dei meno riusciti. Questo giudizio è certamente influenzato dalla qualità a cui il regista di "Batman" e "Big Fish" ci ha abituato negli anni, più che dall'effettivo valore del film.
I maggiori difetti si riscontrano in una sceneggiatura non particolarmente brillante, che sembra parzialmente rovinata da elementi inseriti quasi "a forza", forse per esigenze di marketing: esempio lampante è il bacio tra il protagonista e la ragazza trovata sul pianeta, simbolo di una (presunta) storia d'amore che in realtà si concretizza solo in quel momento, con una superficialità francamente imbarazzante.
Sempre sul versante scrittura, è abbastanza difficile dare un giudizio sul finale, che cambia completamente quello del primo film (malgrado gli indizi sparsi nel corso della storia sembrino portare proprio alla conclusione usata nel '68). Il risultato è certamente spiazzante e inaspettato, ma rimane forse un po' posticcio, poco giustificato e proprio per questo ha fatto storcere il naso a molti. In verità lascerebbe ampio spazio per un seguito (come un seguito e persino una serie tv ebbe la pellicola con Charlton Heston), che però non c'è mai stato e forse non ci sarà mai.
Sotto l'aspetto visivo il film si allontana in buona parte dalla normale cifra stilistica di Burton, rimanendo meno oscuro e visionario, lasciando spazio a scenografie più luminose e tradizionali (se può essere tradizionale un mondo dominato dalle scimmie...). Si sente un po' la mancanza degli scenari di "Batman" o delle invenzioni de "La fabbrica di cioccolato". Proprio quest'ultima pellicola, anch'essa un remake, ci mostra come il "rifacimento" non debba necessariamente adagiarsi sul "già visto", ma possa essere comunque base per una nuova sperimentazione visiva che ne "Il pianeta delle scimmie", a livello scenografico, pare un po' carente.
Un merito però va dato a Burton: quello di aver fatto uno splendido lavoro con gli attori. Tralasciando Estella Warren, che poteva tranquillamente essere sostituita da un cartonato, e Mark Wahlberg, che fa il suo compitino, gli interpreti delle scimmie sono pressoché perfetti. Aiutati da un lavoro magistrale dei truccatori (che facendo le debite proporzioni può tranquillamente essere accostato agli splendidi risultati del 1968), i vari Tim Roth, Michael Clarke Duncan, Paul Giamatti, Helena Bonham Carter offrono una prestazione magistrale.
La vera idea del regista è quella di accentuare la loro gestualità scimmiesca, accostandola all'intelligenza "umana". Le scimmie perciò ragionano e parlano, ma contemporaneamente strillano, scrivono con gli arti inferiori, corrono a quattro zampe, sono agili e forti, annusano il prossimo con fare sospettoso. Tim Roth è il migliore da questo punto di vista: costruisce un personaggio la cui bestialità è gestuale e corporea, prima che dialogica e delle azioni.
I temi sono in buona parte quelli affrontati quasi quarant'anni fa: la tolleranza, il rispetto del diverso, e in generale la possibilità di vedere da una prospettiva privilegiata il nostro modo di rapportarci all'estraneo (scontato dire che le scimmie, in fondo ma neanche troppo, siamo noi). Tutte tematiche attuali oggi come allora, anche se affrontate in modo abbastanza consueto.
Conclusione
"Il pianeta delle scimmie", a conti fatti, è un film che doveva essere eccezionale e si rivela solo discreto. L'ottima prova degli attori, unita a una costruzione tensiva comunque efficace, lo rendono un'opera certamente godibile (in versione blu ray, poi, la qualità del trucco è ancora maggiore), anche se i capolavori di Tim Burton, con tutta probabilità, sono e saranno altri.