Bruciare dopo la lettura
C’è un’analista della C.I.A. che, sollevato dall’incarico su cui stava lavorando e riassegnato ad altre mansioni, decide di licenziarsi e di cominciare a scrivere le sue memorie. E c’è la dipendente di una palestra di Washington che sogna numerosi e costosi interventi estetici. Possono i loro mondi collidere? Assolutamente sì, soprattutto se una parte delle memorie del primo vengono perdute e ritrovate dalla seconda, la quale, con l’aiuto di un bizzarro collega, tenta di venderle al miglior offerente in cambio di denaro. Ma nel folle intreccio del destino, o del caso, s’intrufolano anche la moglie dell’analista e il suo amante, e tutti dovranno in un modo o nell’altro pagare le conseguenze delle loro azioni…
Un’allegra banda di amabili idioti
Eccola di nuovo la personalità splendidamente dissociata dei fratelli Coen, sempre divisa fra drammi di sangue e imprevedibili farse surreal-grottesche: è proprio a tale vena (moderatamente) goliardica che appartiene Burn After Reading, contaminato però da quelle tipiche inclinazioni “nere” che rendono il cinema dei due autori – o meglio, la loro poetica – meno disomogenea di quanto possa sembrare in superficie. Così, se da un lato ritornano temi e personaggi (spesso fantastici idioti, o antieroi disillusi, che si scavano la fossa da soli), dall’altro emerge una rigorosa coerenza di stile e d’approccio, con atmosfere ipnotiche e piacevolmente sospese che esplodono d’improvviso nella più acuta brutalità, in una violenza osservata con gelido distacco (poiché gli effetti, anche musicali, evitano le trappole della partecipazione emotiva).
Una simile distanza ironica, inutile dirlo, va a nozze con le disavventure raccontate in questa black comedy: la parodia degli spy movies diventa nelle mani dei Coen un sottile divertissement a intreccio, progettato con notevole abilità di scrittura sia nei rapporti di causa-effetto, sia nella costruzione dei personaggi, ognuno imprigionato in una personale ossessione, tic o nevrosi. Impossibile non provare simpatia per questi poveri derelitti di mezza età, maldestri e bugiardi, che si credono molto più importanti di quanto non siano. L’idea di base, in tal senso, è semplice quanto intelligente: ciò che accade nella storia non ha alcuna rilevanza, è tutto un puzzle di sciocchezze e banali equivoci, ma i protagonisti gonfiano l’innocua bolla di sapone fino a renderla un affare di stato, talmente stupido da risultare incomprensibile anche per gli stessi grandi capi dei servizi segreti; i quali, per non saper né leggere né scrivere, provvedono comunque a insabbiare il “fattaccio”.
Sornione e stralunato, sarcastico già nel linguaggio della messa in scena (le inquadrature dal basso verso l’alto, che conferiscono una ridicola imponenza ai personaggi), Burn After Reading è il classico prodotto in cui si diverte il pubblico, a patto di accettare l’umorismo pacato e sussurrato, si divertono gli autori (che, guarda caso, hanno scritto il copione fra una pagina e l’altra dell’adattamento di Non è un paese per vecchi), e si divertono gli attori, un variegato cast che ha potuto dar sfogo a tutta la propria goliardia repressa. E con un Brad Pitt, nel suo ruolo, davvero impagabile.
Se siete disposti a giocare il loro gioco, i Coen non deludono.