Hanno cambiato il mondo...
Nella Roma del 1968, agitata dai movimenti di protesta giovanile e dalle occupazioni delle università, si incrociano le vite di due giovani di differente estrazione sociale: Laura è una studentessa di fisica a La Sapienza, nata e cresciuta in una famiglia borghese che non vede di buon occhio la rivoluzione in atto, e non approva la sua adesione alle manifestazioni; Nicola, invece, è figlio di contadini, e fa il poliziotto solo perché, grazie alla raccomandazione dello zio, era l'unica carriera che potesse tentare... ma in realtà sogna di fare l'attore, e legge Brecht sotto lo sguardo diffidente dei suoi superiori.
Incaricato di infiltrarsi proprio fra gli studenti de La Sapienza, che nel frattempo è stata occupata, Nicola conosce Laura e se ne innamora, ricambiato. Ma gli eventi precipitano, fra cariche della polizia e scontri con gli studenti, e il ragazzo è costretto a rivelare la sua identità... cambiando anche fazione. Il rapporto con Laura e Libero, il leader del movimento universitario, non sarà semplice...
...oppure il mondo ha cambiato loro?
Viene da chiedersi quanto sia labile il confine tra un grande sogno e una grande illusione, guardando l'ultimo film di Michele Placido, e quanto sia effettivamente rimasto di quel lungo, lunghissimo '68, stagione che in Italia si è protratta ben oltre i mesi dell'autunno caldo, stimolando con la sua forza d'urto una rivoluzione sociale e culturale che ha svecchiato i costumi e cambiato il sistema scolastico. Così oggi, oggi che le coscienze paiono sopite, ogni rievocazione di quei momenti ha il sapore della celebrazione nostalgica, fedele a quella logica secondo cui ciascuna generazione crede di essere migliore di quella precedente (i padri, con i quali si è perennemente in conflitto perché non sanno capire, e sono portatori di un'ideologia piccolo-borghese), e di quella successiva (sulla quale invece graverebbe la colpa di aver peccato d'individualismo).
C'è anche questo ne Il grande sogno, sorta di ritratto generazionale che tenta di dimostrare come quei valori di libertà e uguaglianza, e quella voglia di cambiamento, siano penetrati a fondo in ogni aspetto della realtà sociale (lavoro, scuola, famiglia, e anche l'arte: la "riscrittura" di Checov), permettendo a molti giovani di vivere un periodo irripetibile di solidarietà e lotta civile; e un merito del film consiste proprio nell'adozione di un punto di vista rigorosamente interno a questa dimensione, immerso fra le coscienze infuocate dei ragazzi, mostrando solo in alcune occasioni - attraverso filmati d'epoca - gli eventi svoltisi su più larga scala. Ma quando si consumano i contrasti, quando i personaggi rivelano la propria natura e si confessano, emerge anche un eccessivo ricorso a stereotipi e cliché, a figure, situazioni e dialoghi predeterminati. Questo '68, insomma, è proprio come ce lo immaginiamo, e ci viene offerto in una rappresentazione forse troppo legata all'immaginario collettivo, e al contempo troppo romanzata nelle vicende del triangolo amoroso Luca Argentero - Jasmine Trinca - Riccardo Scamarcio (tutti ottimi nei rispettivi ruoli, anche grazie alla sapiente direzione d'attori di Placido).
Diviso fra scene di massa ben gestite e un inevitabile scivolamento nel melodramma, Il grande sogno soffre anche per un finale eccessivamente affrettato, che con il suo ottimismo cambia repentinamente registro rispetto alla costruzione complessiva della storia. Ma si tratta, d'altra parte, di una difficoltà comprensibile: quale altra sorte assegnare a dei personaggi che per coerenza non potranno mai essere integrati e uniformati alla massa, in un presente in cui a vincere sono stati "gli altri"?