«Ho un'offerta da farvi. Se premerete il bottone, due cose accadranno...»
Virginia, 1976. Un mattino come tanti, nel portico della famiglia Lewis, viene lasciato un pacco contenente una curiosa scatola di legno, sormontata da una cupola che protegge un vistoso pulsante. Insieme alla scatola c'è soltanto un biglietto con una breve nota: alle cinque del pomeriggio, il signor Arlington Stewart farà loro visita per spiegare il funzionamento della scatola.
Norma, Arthur e il piccolo Walter non danno molta importanza alla cosa, poiché la considerano solo una trovata commerciale come molte altre, ma quando il signor Steward si presenta da loro la faccenda assume toni ben più inquietanti. L'uomo, infatti, propone alla coppia un accordo: se accetteranno di premere il pulsante sulla scatola verranno ricompensati con un milione di dollari, ma contemporaneamente una persona a loro estranea, da qualche parte nel mondo, morirà. Nessun'altra spiegazione viene fornita, e il signor Steward si congeda lasciando soltanto la chiave che apre la cupola.
A questo punto, a Norma e Arthur non resta che sciogliere un gravoso dilemma morale...
«E il mistero svanì...»
Due volti, due anime, forse anche due modi d'intendere il cinema: se la seconda metà di The Box fosse all'altezza della prima, il film di Richard Kelly sarebbe un gioiellino.
Palese tentativo di rimettere sui giusti binari una carriera deragliata dopo un flop epocale, quello di Southland Tales, The Box è gravato proprio da quelle soluzioni di compromesso che il clamoroso esordio di Kelly - Donnie Darko - aveva sapientemente rifiutato. Stavolta non c'è spazio per le interpretazioni o le congetture, poiché il regista procede in senso esattamente opposto rispetto al racconto originale di Richard Matheson (Button, Button, trasposto anche in un episodio di Ai confini della realtà): dove Matheson lasciava ogni quesito irrisolto, Kelly è invece "obbligato" a dare spiegazioni, a svelare l'enigma della scatola e a tradire le premesse iniziali di tensione e mistero.
Ma tutto ciò avviene nella seconda parte del film, perché la prima è alquanto diversa. Per una buona metà, infatti, The Box impatta sullo spettatore con un clima di suspense nel quale risuonano gli echi di Lynch e X-Files, togliendo punti di riferimento e ipnotizzando il pubblico grazie al fascino delle atmosfere. Gli interrogativi si accumulano, l'interesse cresce, la regia elegante intriga, ma all'apice della tensione si cominciano ad avvertire i sintomi di un calo imminente: Kelly non può permettersi di lasciare qualcosa in sospeso (non glielo consentono né il pubblico di riferimento, che dev'essere il più ampio possibile, né il formato, poiché il lungometraggio impone una certa varietà nello sviluppo narrativo), dunque si trova costretto a individuare una soluzione che chiuda il cerchio e dia un senso alla storia; purtroppo, però, la individua nell'idea forse più prevedibile, e come risultato il film smarrisce tutto il suo potere affabulatorio. È comunque doveroso riconoscergli di aver aggiunto alcune trovate interessanti a quella iniziale (ottima) di Matheson, e di non aver minimamente edulcorato il tema centrale del racconto, con tutto il suo portato morale e la sua condanna impietosa dell'egoismo borghese (attenzione però a non accusare il film di sessismo: se sono sempre le donne a premere il pulsante, è solo perché il gesto fatale si mostra come una trasfigurazione laica del peccato originale).
Tutto concorre insomma all'elaborazione di un divertissement raffinato - compresa l'ambientazione negli anni Settanta, epoca in cui l'innocenza era stata perduta da un pezzo - ma il rischio è di non accontentare né chi cerca l'azzardo e l'originalità, né chi desidera un intrattenimento "puro". Gli appassionati di Donnie Darko, comunque, si divertiranno a scovare riferimenti e autocitazioni nemmeno troppo implicite, che confermano passione e coerenza tematica di un regista poco disposto a "vendersi": piacciano o meno i suoi film, tanto alla critica quanto al pubblico, Kelly persevera testardamente nel fare ciò che piace a lui, senza ascoltare le rassicuranti sirene di Hollywood che riecheggiano da lontano.
In fondo, un autore lo si riconosce anche da questo.