"Alice, eh? Beh, benvenuta nel Paese delle meraviglie"
Ali, ragazza di provincia che sogna di cantare su un palcoscenico, lascia la tavola calda in cui lavora per avventurarsi a Los Angeles, dove però comincia a incontrare qualche difficoltà nella ricerca di un impiego. Quando però si imbatte per caso nel Burlesque Lounge, locale prestigioso ma che ha conosciuto giorni migliori, la sua vita cambia: nonostante i dubbi di Tess, grande cantante che gestisce il Lounge e ne possiede metà, Ali riesce infatti a farsi assumere come cameriera, e poi a debuttare sul palcoscenico come ballerina di fila.
Da quel momento in poi comincia per lei un'ascesa che la porterà a diventare la star di punta, ma dovrà destreggiarsi fra l'amore per un bel barista, l'invidia della rivale Nikki e le attenzioni di un ricco imprenditore che vorrebbe acquistare il locale...
Christina in Wonderland
Costruire l'intero film sulle ambizioni cinematografiche di un'anonima pop-star, e sperare che il risultato sia qualcosa di più rispetto a un lungo videoclip: l'obiettivo sembra nettamente mancato con Burlesque, film musicale (ma non musical) che si mette al servizio di Christina Aguilera per offrire alla sua voce poderosa e al suo corpicino esile una chance di "bucare" il grande schermo, magari riuscendo là dove alcune colleghe - Mariah Carrey, Britney Spears - hanno fallito. Il tentativo, qui, è molto più serio, e la buona confezione tecnica (fotografia, costumi, scenografie) lo dimostra in pieno, ma Burlesque è inevitabilmente costretto a scontrarsi con evidenti limiti di scrittura, che si palesano non solo nella dozzinale banalità di molti dialoghi, ma anche nella stessa struttura narrativa, erede di una lunga tradizione di film incentrati su ragazze provinciali e talentuose che, armate della propria genuinità, scalano le vette del successo in un mondo di squali da palcoscenico. Insomma, l'impressione è quella di trovarsi davanti a una versione lussuosa di Le ragazze del Coyote Ugly, Ballare per un sogno o Showgirls, ma senza il fascino profondamente trash di quest'ultimo.
L'accumulo di stereotipi non risparmia nemmeno i personaggi - affidati a un cast potenzialmente interessante, che vede il ritorno sulle scene di un'irrigidita Cher - ma le caratterizzazioni sono troppo abusate per colpire la fantasia del pubblico: Stanley Tucci nel ruolo dell'amico-confidente gay, Cher in quello della matrona sul viale del tramonto (e qui i cenni autobiografici si sprecano), Kristen Bell come l'odiosa starlette di turno... ogni singola parte sembra diligentemente modellata sui cliché dell'attore che la interpreta, senza che vi sia alcuno sforzo per uscire da questa reiterata, stanca e tediosa definizione "psicologica". Così, fra momenti di ridicolo involontario e luoghi comuni a profusione, nemmeno i numeri musicali si rivelano soddisfacenti come vorrebbero, ma appaiono poveri d'inventiva e per nulla coinvolgenti sul piano emotivo, poiché bloccano l'azione e non hanno alcun legame con il tessuto della storia. Come già detto, infatti, Burlesque non è un musical (purtroppo), ma solo un videoclip allungato a dismisura e con un'esile linea narrativa, il cui unico scopo è valorizzare le doti vocali della Aguilera; peccato, però, che non si tenga conto della sua scarsa espressività, e che del vero burlesque non sembri esserci traccia.
Una curiosità: il regista/sceneggiatore Steve Antin è anche attore, e qualcuno potrebbe ricordarlo per il ruolo di Troy Perkins ne I Goonies.