«Sono il destino con il distintivo e la pistola»
Brian e Mike sono due poliziotti di pattuglia in un pericoloso quartiere di Los Angeles. Nel tentativo di ristabilire l’ordine in una zona squassata dalla guerriglia fra bande rivali i due giovani, amici oltre che colleghi, si ritrovano incastrati in un problema molto più grande di loro. Dopo aver dato fastidio a una gang di messicani, e aver messo i bastoni fra le ruote a un cartello della droga, il quartiere e i suoi abitanti si rivolteranno contro i loro stessi protettori.
«Come dovrebbe sentirsi un eroe?»
End of Watch - Tolleranza zero è il nuovo film dello sceneggiatore e regista David Ayer (Training Day), un film d’azione lontano, almeno come prerogativa, dalle patinate “americanate” classiche. Il film, ambientato e girato interamente a South Central, una delle zone più degradate di Los Angeles, dove le gang lottano per la conquista del territorio, è basato su di un unico presupposto, lo sfruttamento della tecnologia. Brian, interpretato da un fenomenale Jake Gyllenhaal, sta infatti girando un documentario sulla sua vita in polizia per un corso universitario. Questo espediente, apparentemente semplicistico, è solo l’inizio di un film girato completamente con telecamere a mano, telecamere di sorveglianza, e microcamere in grado di dare in ogni momento una soggettiva diversa della scena. Il montaggio serrato conferisce poi a queste immagini una loro autonomia espressiva, amalgamandole in un tutto unico e particolare. La fotografia rende il film ruvido, visivamente forte. Queste tecniche di ripresa mirano esplicitamente a ricreare uno scenario il più realistico possibile, molto vicino alla "realtà" proposta su YouTube. Gli stessi dialoghi sembrano ricalcare la banalità della vita quotidiana, smussando così la durezza delle parti dedicate a inseguimenti e lotte, cercando sempre di infarcire il tutto di cameratismo, senso del dovere, e importanza dei valori comuni, i temi fondamentali su cui ruota la narrazione.
Los Angeles, e in particolare South Central, è la grande protagonista della pellicola, definendosi come un universo a se stante, con le proprie leggi e regole. La vita delle gang ne determina il carattere e la pericolosità, e il film mostra anche alcune delle dinamiche malate che si stabiliscono nelle bande, e nell’ambiente che creano intorno a sé. Il quadro che viene descritto è quello di due comunità chiuse, le gang e la polizia, che corrono in parallelo pur mettendosi in netto contrasto.
Gli attori costituiscono l’ossatura vera e propria di End of Watch: il casting, particolarmente riuscito, permette al film di assumere un grado ancora maggiore di realismo. Fra tutti spicca, oltre a Michael Pena nel ruolo di Mike, una America Ferrera (l’ex Ugly Betty) perfettamente calata nel ruolo della poliziotta dura e pura.
Esperimento interessante, la pellicola si inserisce a pieno diritto nel filone action “in divisa”, ricalcandone in maniera decisa l’animo propagandistico: persino l’incipit è una vera e propria lode al distintivo, ma non ci si poteva aspettare di meno da un regista cresciuto nello stesso quartiere dove è ambientata la storia, e ha scelto, come i suoi stessi eroi, un percorso militare, la Marina degli Stati Uniti.
End of Watch costituisce quindi una valida alternativa, non priva di aspetti innovativi, rispetto a un filone sin troppo sfruttato, spesso senza il minimo impegno, per un guadagno sicuro al botteghino.