Bello, ricco e inaspettatamente padre.
Andrea (Raul Bova)è un trentottenne bello, superficiale e vanesio: un dongiovanni incallito che cambia le donne come se fossero abiti, non disdegnando nemmeno le giovanissime. Ha un lavoro di successo in un azienda di product placement, un bell’appartamento nella capitale e un'auto sportiva da urlo (una, come si suol dire, “duetto”) a differenza dell’amico Paolo (Edoardo Leo), con cui vive: timido, impacciato, sensibile, amante dei bambini e soprattutto disoccupato. La vita di Andrea è stravolta però da un imprevisto, alla sua porta si presenta una ragazzina un po’ punk e ribelle, Layla, (Rosabell Laurenti Sellers) che sostiene di essere sua figlia; ma non è sola, la curiosa adolescente è accompagnata da Enzo(Marco Giallini), suo nonno, uno stravagante freakettone dall’aria poco rassicurante. I due, non avendo altro posto dove alloggiare, pretendono di stabilirsi fissi a casa di Andrea e non hanno nessuna intenzione di andarsene...
Una commedia corale per Edoardo Leo
Dopo tre anni dalla sua opera prima, Diciotto anni dopo, l’attore Edoardo Leo - che ricordiamo protagonista di serie televisive come Un medico in famiglia o Romanzo criminale - ritorna al cinema in veste di regista con una nuova commedia, questa volta dai toni più leggeri, ma che presenta comunque temi a lui cari e di spessore, quali la famiglia, riunita in circostanze straordinarie, e il passato che ritorna, o meglio, che suona alla porta. Andrea, scapolo un po’ fighetto con la passione per le macchine costose e le belle donne, rappresenta la nuova classe di trenta/quarantenni che non hanno nessuna intenzione di crescere e di assumersi le proprie responsabilità, eterni Peter Pan che pensano di essere troppo giovani per accasarsi, e che dipendono ancora dalla mamma per farsi lavare i panni e stirare le camice, sentendosi di conseguenza ancora troppo figli per essere pronti a diventare genitori. La storia, di per sé non originale, ricorda un po’ Somewhere di Sofia Coppola, in cui Stephen Dorff interpretava un attore dalla vita dissoluta che si vedeva costretto a cambiare le proprie abitudini per la permanenza prolungata della figlia e che, come nel film di Leo, era costretto da un giorno all’altro ad assumersi le responsabilità di padre. Tuttavia in Buongiorno papà troviamo una maggiore leggerezza, oltre che una resa accattivante data dall’equivoco e dai dialoghi brillanti che riescono a strappare il sorriso dello spettatore e allo stesso tempo commozione.
Feste, discoteche, bella vita, donne che entrano ed escono dall’appartamento, zero legami e nessuna preoccupazione, questo è Andrea, interpretato da un Raul Bova perfettamente calato nella parte del seduttore, super curato e metrosexual dal viso lampadato, il capello tinto e le sopracciglia depilate, oltre a essere un incallito bugiardo per ottenere i propri scopi; c’è poi l’adolescente ribelle dai capelli viola e i jeans stracciati, Layla, che porta il nome di un famoso brano di Eric Clapton: lei è l’esatto contrario del padre, profonda, stravagante, amante della fotografia analogica e del cinema d’autore, riottosa, ma desiderosa di affetto e legami stabili; chiede solo di conoscere il padre e di trovare un punto di riferimento saldo. C’è poi un nonno non convenzionale, interpretato da Marco Giallini, il cui ruolo è stato pensato dal regista appositamente per lui: un uomo sulla cinquantina che, per paura di invecchiare, si diverte a fare ancora il ragazzino e che, vestito di pelle, strimpella la chitarra, vivendo da nomade a bordo di un camper malandato. Ancorato agli anni '70, è ancora legato ai ricordi di quando era il leader della band “Enzo e i giaguari”, famosi per un unico brano, Il ribelle che fa sciallallala, inciso appositamente da Giallini per il film. Il quarto protagonista a completare lo sfaccettato quadro è Paolo, il coinquilino un po’ sfigato di Andrea che cerca di realizzare il suo sogno di diventare organizzatore di feste per bambini, e che ha scarso successo con le donne.
Un film corale e ben riuscito, insomma, in cui seguiamo le vicende di ogni personaggio, che si intrecciano in maniera tragicomica. I personaggi femminili sono inoltre quelli di maggiore spessore: sagge e intelligenti, non sono pupazzi nelle mani degli uomini, ma anzi li smascherano e contribuiscono alla loro crescita personale, vedi il caso di Lorenza (Nicole Grimaudo), insegnante di educazione fisica di Layla che aiuterà Andrea a cambiare vita e diventare maturo. Inoltre il regista rende il product placement, ossia la pratica cinematografica di pubblicizzare prodotti e collocare marchi all’interno delle pellicole, parte integrante della storia, facendo di necessità virtù, e intrecciando con furbizia la pubblicità con la narrazione. Andrea fa parte di un'agenzia che si occupa proprio di questo: ci svela infatti i trucchi del mondo pubblicitario e come nessun film passi indenne da questa pratica, anche grandi cult come E.T o 2001: Odissea nello spazio.
Peccato per l’eccesso di romanticismo nel finale.