Il treno della distopia
A causa del surriscaldamento globale, i governi sono intenzionati a risolvere la situazione con una sostanza che possa equilibrare il clima portando “un po'” di gelo. Tuttavia, il tutto sfugge di mano: la Terra è in balia di una glaciazione inaspettata. Gli unici a sopravvivere sono alcuni “eletti” che si ritrovano protagonisti di un viaggio su un treno iper-attrezzato. Un viaggio intorno al mondo che si prospetta infinito. Ogni vagone rappresenta la società; nell'ultimo ci sono i più abietti che però, dopo anni di maltrattamenti, decidono di ribellarsi alla testa del treno..
La Corea si tinge di stelle e strisce
Chris Evans, Tilda Swinton, Jamie Bell, Octavia Spenser, Ed Harris, John Hurt. Dal cast sembrerebbe il classico filmone americano dall'ampio respiro internazionale. Di fatto, ci troviamo di fronte all'opera di un regista coreano, Bong Joon-ho, da noi per The Host, ma che è riuscito a tirar fuori il suo primo lavoro in lingua inglese. Snowpiercer ha poco della verve occidentale: sporco e glaciale, con eroi ben lungi dai classici film hollywoodiani (nonostante l'attore di richiamo sia proprio un certo Capitan America), con violenza stilizzata, poco splatter e quasi drammatica, e ben lungi dall'ansia di glorificare a tutti i costi il patriota di turno.
L'attenzione, di sicuro, supera il nome degli attori, qui tutti sullo stesso piano: i protagonisti veri sono i temi raccontati. E questi sono numerosissimi, tutti estremamente importanti e attuali – come la storia della fantascienza ci insegna. Il tema del surriscaldamento globale diventa pretesto per raccontare i conflitti dell'animo e della società umana. Il treno è un'annunciata e dichiarata metafora di un ecosistema di cui tutti facciamo inconsapevolmente parte: ognuno ha il suo posto e ruolo nel mondo, tutti sono importanti ma ci sono alcuni più deboli di altri che, per il bene di chi deve sopravvivere, tocca sacrificare. Gli animi sono distrutti; gli arti mancanti, la droga e la consapevolezza di non aver mai realmente conosciuto il mondo al di fuori del treno diventano mancanze insormontabili che mettono, tuttavia, tutti sullo stesso piano. C'è chi ne è meno consapevole, grazie alla ricchezza ma soprattutto grazie a un'istruzione deviata, ai limiti del lavaggio del cervello. Chi ne è consapevole, invece, sono proprio quelli che ne portano i segni addosso, e decidono di ribellarsi. Ma, come George Orwell insegna, nelle distopie non c'è posto per gli eroi, solo per gente che ha il coraggio di provare a cambiare le cose.
Il film di Bong Joon-ho è ineccepibile: una fotografia straordinaria, cangiante a seconda del vagone dove ci ritroviamo; una storia forte con alcuni dialoghi di una crudezza e di una rara originalità, con una regia a tratti adrenalinica, molto fluida e movimentata quasi a voler enfatizzare l'idea del viaggio. Chris Evans è di grande intensità, ben lungi dall'essere il bellone della situazione – finalmente –, ma una nota di merito va a una Tilda Swinton quasi irriconoscibile che caratterizza un personaggio subdolo quanto schiavo del potere.
Eppure, nonostante l'eccellente confezione, Snowpiercer non convince appieno. Non c'è suspance, non c'è pathos, non c'è un normale coinvolgimento che fa presa. Non c'è alcuna inquietudine, nessuna paura, e la mancanza di un unico personaggio che sia veramente leader all'interno della trama, quest'equilibrio costante tra tutto e tutti, crea un effetto di distacco eccessivo e decisamente dannoso per quello che probabilmente era l'intento del bravissimo regista.