Ambientato in una società futuristica in cui l’Umanità ha scelto di annullare tutte le differenze tra le persone al fine di evitare conflitti dilanianti, la vita scorre tranquilla e asettica. L’ordine regna sovrano e l’unico legame con un passato “contaminato” dalle passioni è la “Cerimonia dei 12” durante la quale un individuo viene scelto come Custode delle Memorie dell’Umanità. Quando il compito toccherà all’adolescente Jonas, la conoscenza di ciò che è stato lo porterà a voler scardinare per sempre l’ordine precostituito.
Il genere della fantascienza distopica è uno degli aspetti più suggestivi del fare cinema: attingendo dal campo dell'ipotetico e del "diversamente" possibile, esso riesce a materializzare, grazie alla macchina da presa, le visioni più stupefacenti di futuri, ringraziando il cielo, impossibili. Già, per fortuna, dal momento che per sua stessa definizione, la distopia nelle produzioni cinematografiche (nonché, chiaramente, letterarie) spesso vuole mostrarci il lato oscuro dell'umanità, dando forma ai peggiori scenari possibili, dove i valori della società odierna sono ribaltati o snaturati, se non addirittura soppressi, in alcuni casi. Tutti abbiamo sentito parlare almeno una volta dello scenario dell'orwelliano 1984, dove la società viene capillarmente e inesorabilmente controllata dall'alto da un governo senza scrupoli nè morale, e nel cinema, gli esempi, si sprecano davvero: partendo dal primo emblema in assoluto della fantascienza antiutopica qual è Metropolis, passando poi, nel corso degli anni, per capolavori di enorme successo quali 1997: Fuga da New York, Terminator, Il pianeta delle scimmie lo stesso Orwell 1984, di Michael Redford, fedelissimo (con qualche pecca) al libro, per arrivare, in tempi più recenti, a blockbuster conosciutissimi quali Matrix, V per Vendetta, e negli ultimi anni, Snowpiercer, Elysium e Hunger Games....E la lista sarebbe ancora lunghissima.
Spesso, questi film nascondono, dietro una facciata di scene d'azione e di trame magistralmente orchestrate, una qualche critica alla società moderna, quella che noi viviamo oggi, in maniera più o meno evidente...ma sempre rimanendo sul piano dell'intrattenimento, e giustamente, con le dovute eccezioni. Per essere chiari, a un modo di fare cinema che pone l'enfasi sullo svegliare le coscienze, per smuovere quella parte critica che vuole andare contro ciò che il nostro animo ci descrive come sbagliato, scorretto, presupponendo una consapevolezza e una comprensione dei lati oscuri della società che noi (giovani) adulti viviamo, conosciamo e spesso, subiamo.
The Giver - Il mondo di Jonas appartiene certo a questo genere distopico, ma contrariamente alle altre produzioni di questo tipo, non racconta di tragedie, apocalissi,stragi avvenute o in corso d'opera, ma piuttosto, partendo da un presupposto di assoluta "tabula rasa" morale, ha l'obiettivo di insegnare il valore alla vita e alla società: in questo sta il suo grande pregio. Tratto dall'omonimo romanzo di Lois Lowry, il film, così come il libro, oggetto di studio in molto istituti americani, è indirizzato sopratutto ai giovani, con l'idea di sottolineare l'importanza della scelta, dei sentimenti e del pensiero critico. Il giovane Jonas, interpretato da Brenton Thawaites (recentemente apparso in Maleficent nei panni del Principe Filippo), rispetto ai suoi coetanei, possiede una qualità in più: la capacità di "vedere oltre", di immaginare cose che vanno al di là della programmatica realtà del modo di vivere privo di colore ed emozioni. Realtà studiata a tavolino per mitigare sul nascere ogni tipo di emozione potenzialmente pericolosa: le famiglie sono composte da individui senza legami di sangue (la fecondazione è solo assistita e controllata) con un numero specifico di componenti, i nascituri selezionati secondo determinate caratteristiche, le persone obbligate a rispettare orari e condizioni rigorose, come l'iniezione mattutina allo scopo di inibire squilibri ormonali e privare le persone della capacità di vedere i colori, o l'assoluto divieto di mentire. Nato e cresciuto in questa colonia umana dall'aspetto uniforme e privata della capacità di libero arbitrio, Jonas viene scelto per essere il portatore delle memorie abbandonate, ma non dimenticate,dell'umanità, allo scopo di essere una guida per la comunità verso il futuro partendo dalla conoscienza del passato della razza umana. Un compito non certo voluto o desiderato, ma bensì scelto a tavolino per lui dal Consiglio degli Anziani, così per lui come per ogni altro adolescente che si accinge a diventare produttivo per la colonia.
Jonas entra quindi in contatto con il precedente "Ricevitore di Ricordi", che diventa così "Il donatore", interpretato da Jeff Bridges (che è anche produttore esecutivo della pellicola), scoprendo così tutto ciò di cui, dall'inizio della sua esistenza, era stato privato. La bellezza dei colori, la gioia, la speranza, ma anche il dolore, la solitudine, la sofferenza, e più di ogni altra cosa, la meraviglia dell'amore, rivolto verso l'amica di sempre Fiona (Odeya Rush). Decide quindi, nonostante il divieto imposto dal capo degli Anziani (Meryl Streep), di condividere questa sua consapevolezza, partendo per un viaggio senza ritorno al di fuori del mondo conosciuto.
Come detto in precedenza, il pregio fondamentale di The Giver sta nella capacità di raccontare una scoperta, la scoperta delle emozioni, della capacità di amare, vivere, sentire, partendo da un contesto assolutamente atono, non coinvolgente, per salire in un crescendo emotivo che sommerge il protagonista, e per osmosi, anche lo spettatore. Visivamente, la scelta del filtro in bianco e nero rende magnificamente questa idea, non tanto per la privazione dei colori, quanto per la loro successiva introduzione. Allo stesso modo, la scenografia, composta da geometrie di plastica e metallo, rende perfettamente l'idea di un mondo pacifico ma al contempo vuoto, un paradiso artificiale senza alcuno scopo se non quello alla sopravvivenza: da questo punto di vista, il lavoro del regista Philip Noyce (famoso sopratutto per l'adattamento cinematografico de Il Collezionista di Ossa) e dello scenografo Ed Verreaoux, è stato davvero encomiabile, considerando anche il budget non certo hollywodiano del prodotto, fortemente voluto (e finanziato) da Jeff Bridges, grande fan e sostenitore dell'omonimo romanzo...tanto da produrre diversi film amatoriali basati sul libro della Lowry con protagonista la propria famiglia.
Per quanto riguarda la performance degli attori, senza ombra di dubbio la palma la vince proprio Brenton Thawaites, abile nel mostrare una gamma di emozioni di tutto rispetto, seguito a ruota da Jeff Bridges, il tormentato ma sensibile Donatore. Decisamente meno encomiabili Meryl Streep e Katy Holmes (che interpreta la madre di Jonas), non tanto per mancanza di abilità quanto per le velleità dei personaggi che interpretano, atoni e scevri di personalità in linea con l'ambientazione descritta del film.Da dimenticare, invece, la performance pressochè inutile di Taylor Swift, che "interpreta" Rosemary il precedente "Ricevitore di ricordi"...praticamente, non interpretandolo, dal momento che compare in due sole scene, di cui una di spalle: peccato, dal momento che il libro dava molto spazio al personaggio.
In conclusione, The Giver - Il mondo di Jonas è un film profondo ed emozionante, con un'ambientazione solida e ben costruita a livello visivo...ma con una pecca difficile da non notare: manca, fondamentalmente...l'azione. La pellicola funziona certamente bene, nel suo essere basata su un romanzo che vuole insegnare alle nuove generazioni le bellezze della scoperta e la complessità dell'animo umano, contro chi vuole far credere che l'omologazione sia la cosa migliore che possa capitare, e per la prima metà dell'opera, l'obiettivo, in questo senso, è perfettamente centrato. Ma nella sua seconda parte, il film diventa lento, più vicino al teen drama che alla fantascienza, privo di mordente e decisamente poco interessante. Un pubblico abituato a vedere ben altro tipo di fantascienza, quella degli effetti speciali e dell'azione, difficilmente apprezzerà questo pellicola, dove l'avventura è davvero ridotta all'osso, e si cerca la conclusione in maniera frettolosa e poco curata...Un vero peccato, visto il valore del messaggio in sé. Ma a prescindere da questo, rimane comunque un prodotto per i giovani, con un messaggio forte e chiaro: l'idea di poter sempre pensare di avere una scelta, a scapito delle condizioni in cui ci si trova.