Confusi e felici

Voto: 4/5 - 
Un film di Massimiliano Bruno. Sceneggiatura: Massimiliano Bruno
Genere: Commedia - Italia (2014)
Produzione: Fulvio e Federica Lucisano per Italian International Film con Rai Cinema. 
Distribuzione: 01 Distribution
Data Uscita cinema: 30/10/2014
Marcello è uno psicanalista che nella sua lunga carriera non è mai riuscito a curare nessuno dei suoi pazienti, ma solo a farli leggermente migliorare. La sua è una vita comunque tranquilla e agiata, tra la passione per il tiro con l’arco e la gioia della cucina, trasmessa alla figlia proprietaria di un ristorante in Trentino. La sua vita, però, viene sconvolta dalla diagnosi di un problema agli occhi, che lo porterà nell’arco di tre mesi a diventare completamente cieco. La notizia porta Marcello a cadere completamente in depressione, fino a quando i suoi pazienti, coloro i quali avrebbe dovuto aiutare, decidono di aiutarlo a loro volta, facendogli godere la vita che non era riuscito a vivere a pieno fino a quel giorno.



È di Giovenale la nota e spesso riciclata domanda Quis custodiet ipsos custodes?, ovvero “Chi custodisce i custodi?”. Massimiliano Bruno la modernizza, la porta ai tempi nostri e si domanda chi possa mai analizzare l’analista, chi potrà aiutare una persona che per mestiere e per lavoro ha deciso di supportare l’evoluzione caratteriale di un uomo: la risposta è nelle maschere, in quelle perfette rappresentazioni delle sfaccettature umane che il regista colloca intorno a Marcello (Claudio Bisio) e Silvia (Anna Foglietta), entrambi perni di una vicenda che si veste di colori arlecchiniani conditi dalla presenza di personaggi reduci dall’estrazione romana più disparata possibile. Delle cinque maschere - sei se contato anche Rocco Papaleo, a margine - che ruotano intorno a Bisio è difficile trovare la migliore, la più riuscita, perché ognuna di esse funge perfettamente al ruolo scritto da Bruno - tra l’altro indossatore di una di queste maschere - trovando delle etichette e delle nevrosi che riescono ad arricchire la figura dell’analista, freddo, spesso smorto e incapace di notare anche un nuovo taglio di capelli della sua segretaria. Gioca anche con Fellini, Bruno, riproponendo il dualismo Marcello - Silvia, con una scena proprio alla Fontana di Trevi: un’epifania per il personaggio interpretato da Bisio che inizia a vedere proprio quando è la vista che gli sta venendo meno. Perché in realtà egli non sta avvicinandosi alla cecità, egli è sempre stato cieco nella vita.



Delle interpretazioni proposte sul set è sicuramente il dualismo creato da Caterina Guzzanti e Pietro Sermonti che affascina, perché figli e reduci dello stesso set che fu anche di Massimiliano Bruno, ovvero Boris, la serie italiana che più con piacere ricordiamo: i due, che in tre anni di riprese su quel set hanno trovato i giusti tempi, i giusti ritmi e anche la giusta combinazione di idee, riescono a gestire gli spazi morti, quei momenti in cui a ognuno dei personaggi è richiesta la presenza di una spalla. E nel triste finale è proprio a Pietro Sermonti, un attore che negli anni continua a crescere e soddisfare la richiesta della scuola drammatica italiana, che viene riservato l’onere e l’onore di far sbocciare la morale, di riabilitare la figura di Marcello al pubblico. Perché l’analista, nel suo percorso di cura insieme con i suoi pazienti, alla fine è riuscito a curare se stesso e anche gli altri. Ed è lì, quindi, che il ballo di Enrico, fino ad allora uno degli sdraiati di Michele Serra, apre le danze del successo.



Ma è proprio il finale che regala a Bruno il successo che questa commedia ha ricercato per l’intera durata: al culmine della decisione che Marcello sarà costretto a prendere, tra un’operazione rischiosa e l’attendere la cecità senza combattere, il regista, anche firma della sceneggiatura, prende la decisione più giusta, più grintosa, più coraggiosa. Non è vero che il cinema deve necessariamente regalare una risata in chiusura: il cinema nasce per insegnare, per innalzare l’animo e lo spirito, trasmettendo un messaggio forte, che possa rimanere nel cuore dello spettatore. Se Claudio Bisio viene riabilitato grazie a Pietro Sermonti non meno carico di pathos deve essere il momento di chiusura della vicenda. Per una commedia che regala siparietti mai noiosi né fastidiosi, con una comicità sana e sobria che si chiude con quella tristezza che nel pianto di Anna Foglietta abbraccia l’intera sala, coinvolta nel momento.

Di scelte così dovrebbe vivere la commedia italiana. Con l’augurio che lo possano comprendere anche quei registi che al cinema impegnato hanno deciso di sparare un colpo al cuore.
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