Le storie di sei attori si incrociano negli spogliatoi di un campo da calcio: i compagni di squadra Emiliano, Leandro, Gilles, Vincenzo, Antonio e Max sono stati chiamati per il provino che potrebbe cambiare la loro vita.
A proposito della storia che racconta questo film, si possono dire due cose.
Affermazione numero uno: Tre tocchi è un film su una squadra di calcio.
Affermazione numero due: Tre tocchi è un film su un gruppo di attori.
Infatti quella di cui ci parla Marco Risi è squadra un po' speciale: la stessa in cui negli anni '70 si allenava Pasolini. Parliamo della Italiana Attori, che due volte a settimana si riunisce sotto la guida del mister Giacomo Losi, “core de Roma”, come lo definisce il regista. E' Losi che ripete agli attori-calciatori, mentre si passano la palla, che nella vita servono concentrazione, visione, velocità. E' questo che fa di un attore un buon attore, di un calciatore un bravo calciatore: “Tre tocchi sono un modo di giocare al calcio... essenziale. Tre tocchi, come nella vita”.
E l'essenzialità è ciò di cui Risi andava alla ricerca mentre realizzava a questo film, o almeno è ciò che ha trovato, con i vantaggi e gli svantaggi che questo comporta.
Come lui stesso ha dichiarato, questo è un film che nasce da un desiderio, quello di fare un film “senza soldi ma libero”. Forse di creare un'opera che parlasse di persone vere, vive, fatte di carne e di ossa. Dove gli attori non sono attori, ma attori-uomini. Uomini che amano e odiano come si fa fuori dal cinema.
Non che si tratti di un documentario, Tre tocchi è un film di finzione; ma di una pasta narrativa diversa da quella dei film che siamo soliti considerare “di finzione”. Diciamo che è un film che bara con le regole della finzione: Risi ha scelto i suoi protagonisti fra i compagni di una squadra in cui gioca da sette anni.
“Ho avuto la possibilità di stare con questi ragazzi, di andarci a mangiare insieme, di sentire le loro storie, di sentire i loro scherzi, di partecipare alle loro rabbie […] e quando si andava sul set sapevo chi erano quelli che avevo di fronte”.
Insomma, Tre tocchi è un film in cui la differenza la fa la verità. Quasi tutto ciò che avviene nel film è accaduto realmente e soltanto in alcuni casi è stato romanzato; ogni scena è come una fotografia, è la rappresentazione di un momento singolo. Si potrebbe dire che la storia, più che svilupparsi in avanti, in ogni scena si allunga in profondità oltre la superficie visibile. E se questo, da un lato, costituisce il tesoro di questo film, dall'altro mina irreparabilmente alla completezza della trama, che rimane costantemente sospesa, come tirata di qua e di là dalle storie dei sei protagonisti, che (per scelta?) finiscono per affollarsi piuttosto che compenetrarsi in maniera organica.
Ognuna di queste storie è un universo. Ne risulta, infine, che ad esserci familiari non sono i protagonisti, bensì le emozioni che affrontano: ecco che il film si rivela un'opera sul fallimento, sulla frustrazione, sulla speranza, ma soprattutto sulla precarietà. Del resto, come dice Risi, “quello dell'attore è il mestiere più precario del mondo”.
Tirando le somme, Tre tocchi è un film non certo esente da difetti, ma che possiede il grande pregio di riuscire a portare intatto sullo schermo qualcosa di intimo e profondo direttamente dalla realtà; un fenomeno che raramente si osserva nelle nostre sale cinematografiche.