Christian Grey è un giovanissimo uomo d’affari, proprietario di una holding che porta il suo nome: viaggia in elicottero, possiede un attico a Seattle e ogni mattina sceglie con quale macchina sportiva lasciare la propria abitazione. Anastasia Steele è una studentessa universitaria di 21 anni iscritta alla Washington State University, pronta a laurearsi in Letteratura Inglese. Un incontro tra i due mondi, completamente diversi ed equidistanti, farà scattare qualcosa in entrambi: da un lato l’amore per uno statuario uomo freddo, elegante e distaccato, dall’altro la lussuria per una ragazza dalla bellezza trasparente, diafana. Sentimenti che sfoceranno nelle cinquanta sfumature di perversione riposte nell’anima di Christian Grey, un dominatore in cerca della sua sottomessa.
Cinquanta sfumature di grigio era annunciato come l’evento dell’anno, forse del lustro, a causa del successo mediatico ottenuto dal romanzo dal quale viene tratto. Un evento che non si conferma tale, perché la pellicola, per quanto possa trattare gli stessi argomenti cari a Erika Leonard, è all’opposto di quanto ci si aspetterebbe. Per la prima metà del film ci troviamo dinanzi a una discreta commedia sentimentale, condizionata esclusivamente dall’ingenuità di Anastasia, una ragazza sentimentalmente impacciata ma che comunque ha ben chiare le sue idee riguardanti l’amore, e dalla perversione di Christian Grey, un uomo tanto elegante quanto turbato e, di rimando, traumatizzato da un’infelice infanzia. Il sottotesto offerto dai due è piacevole, scorrevole, non annoia eccessivamente e non richiede nemmeno l’intervento della componente erotica per interessare. A migliorarne inoltre la resa sono le ottime inquadrature sui fondali, dall’attico di Seattle, e la resa fotografica di alcuni segmenti, che esaltano sia l’aspetto scenografico sia il danzare dei due protagonisti nella cornice della metropoli.
Poi arriva la naturale e logica seconda parte. Cinquanta sfumature di grigio diventa improvvisamente noioso, perché la necessità di dover raggiungere i 125 minuti di durata porta Sam Taylor-Johnson a diluire il confuso e agitato rapporto tra i due protagonisti: le numerose scene di sesso, inoltre, non portano a nessuno scalpore, a nessuno scandalo. Di lei si vedono a più riprese i seni, di lui soltanto il fondoschiena: entrambi elementi cui oramai il cinema, da quello italiano a quello americano, ci ha abbondantemente abituato. Anzi, nella pellicola scritta da Patrick Marber e supervisionata da Mark Bomback le nudità sono sempre armoniose, congeniali alla storia raccontata, passionali e, nel loro aspetto deviato, piacevoli, a differenza di quanto possa invece realizzare a volte il cinema di casa nostra. Un adattamento che risulta essere quindi slavato, tristemente soft-core, che però riesce a trovare in Dakota Johnson un’ottima interprete: per lei tutte le scoperte sono tali, le testa con curiosità, le vive con malizia e le vuole approfondire per amor di apprendimento. La sua recitazione non si lascia mai contestare, perché sul suo volto vive la dicotomia che fa da leitmotiv alla vicenda: sa di trovarsi in un ambiente estremamente ridicolo, ma non vuole evadere e nemmeno vuole sottrarsi a quella che potrebbe essere un'esperienza irripetibile e crudelmente istruttiva.
Distacchiamoci, in conclusione, dall’idea che Cinquanta sfumature di grigio possa essere un film evento, perché non lo è. Siamo dinanzi a una commedia sentimentale, condizionata dalle storpiature caratteriali da un lato e dall’altro: perché, d’altronde, l’Anastasia che cede alle perversioni di Grey non può essere meno salvifica del proprio dominatore. Di eccessivo non si trova nulla, perché le più estreme proposte dialettali risiedono nelle richieste di lei dall’eliminare il fisting vaginale e anale dalle pratiche punitive, mentre l’eccesso fisico si ritrova soltanto nell’utilizzo di un frustino, col quale Christian punisce Anastasia. Ben poco per un film annunciato come pericolosamente erotico e che, invece, non stupisce nemmeno per un secondo, non eccita e non regala palpitazioni in questi che sono gli anni della saturazione pornografica. Nel complesso Cinquanta sfumature di grigio resta un film che può colpire e scandalizzare chi, al giorno d’oggi, ancora non ha vinto il più banale dei tabù e il più bigotto degli argomenti censurabili: il sesso, il liberismo, il suo non eccitare più. Per tutti gli altri resta una diluita commedia romantica, che poteva essere risolta in decisamente meno tempo e con meno elucubrazioni delle parti.